Questo volume e i quattro successivi sostituiscono la prima, grande edizione commentata delle "Confessioni" di Agostino. Ad essa hanno collaborato i maggiori studiosi francesi e italiani della sua opera: Jacques Fontaine, che ha scritto l'introduzione generale; Patrice Cambronne, Goulven Madec, Jean Pépin, Aimé Solignac, che hanno scritto parte dei commenti; Manlio Simonetti, che ha curato il testo, l'apparato biblico, e commentato l'ultimo libro; Gioacchino Chiarini, autore della bellissima traduzione; mentre gli altri commenti sono stati affidati a Marta Cristiani, Luigi F. Pizzolato e Paolo Siniscalco; e José Guirau ha allestito la bibliografia generale.
Se l'Occidente deve una metà del suo cuore all'Odissea, certo l'altra metà è riempita da questo libro tessuto in parti eguali di luce e di tenebra. Quale libro immenso! Lode e celebrazione di Dio; storia di una vita, di un'anima, di due culture; sublime testo filosofico e metafisico; saggio sulla memoria, sul tempo, sulla Bibbia; e tutto questo materiale disparato è disposto nelle linee di un'architettura rigorosa e complessa come le chiese che, per dodici secoli, sorsero sulla base di una testimonianza così appassionata. Petrarca adorava le "Confessioni", "questo libro gocciolante di lacrime". Come noi, ne amava la stupenda retorica: il gioco delle ripetizioni, dei ritornelli, dei parallelismi, delle opposizioni, l'inquietante stregoneria verbale, l'ansia dolcissima e drammatica delle interrogative, la mollezza a volte quasi estenuata - la quale suscitava, in lui che scriveva, e suscita in noi, che stiamo leggendo, lo stesso contagio e la stessa commozione.
Indice - Sommario
Introduzione generale
Bibliografia generale
Nota al testo
TESTO E TRADUZIONE
Conspectus siglorum
Libro I
Libro II
Libro III
COMMENTO
Abbreviazioni e sigle
Libro I
Libro II
Libro III
Prefazione / Introduzione
Dall'introduzione generale
Prologo
Il lettore del nostro secolo è tanto più sconcertato dalle "Confessioni" dal momento che le apre con una simpatia nutrita di illusioni molteplici. La discendenza dell'opera, ricca e diversa, può dargli l'impressione che gli basti risalire un certo filone delle letterature moderne per accostarsi con familiarità a un antenato comune di Jean-Jacques Rousseau, Alfred de Musset e André Gide; o anche, tra molti altri, di Michel de Montaigne, Ulric Guttinguer e Marcel Proust. Da questo punto di vista, è sufficiente il solo titolo dell'opera a risvegliare nel lettore echi ingannevoli. Non dimentico del dibattito tra Voltaire e Pascal sugli Essais di Montaigne, il lettore può accingersi a misurare con curiosità se anche chi scrisse le "Confessioni" meritasse già il giudizio di Pascal sullo "sciocco progetto, che egli ebbe di dipingersi", o la rettifica sarcastica di Voltaire, che lo riteneva da parte sua un "progetto affascinante". La memoria, intrisa di biografie e di autobiografie, può anche scoprire nella figura del vescovo d'Ippona un antenato di Nathanael, ubbidiente all'ultimo precetto delle Nourritures terrestres: "creato da tè... ah! il più insostituibile degli esseri". A meno che l'evocazione dell'adolescenza di Agostino non gli lasci sperare, sulle vicissitudini del giovane africano a Cartagine, dettagli piccanti come i ricordi del giovane Rousseau sulle sue avventure veneziane. Esistono infatti Confessioni e Confessioni. Qui non troveremo ne confidenze scabrose, ne l'apologia appassionata di un uomo di lettere assetato di giustificazioni, e neppure un'autobiografia intesa nel senso che i moderni (i quali del resto lo hanno inventato) danno al termine. Le Confessioni di Agostino sono prive di compiacimenti: sono lontane sia dal "culto di sé stesso", sia da un progetto letterario gratuito. Anzi esse sono solo parzialmente "autobiografichc"; quanto basta perché un'esperienza vissuta e individuale fornisca precisa materia e precisa illustrazione a una lode pubblica di Dio che fu misericordioso nei confronti del peccatore Agostino.
Le ultime parole fanno comprendere che non si entra in queste "Confessioni" con la tranquillità con cui si affrontano le confidenze troppo umane di un memorialista o di un romanziere moderno. L'universo interiore di Agostino e le forme del suo discorso possono, a prima vista, sembrarci ugualmente sorprendenti, o addirittura estranei. Non solo per il sentimento di estraneità ispirato dal racconto di ogni esperienza mistica, nel senso che diamo ancora a questa parola pensando a Teresa d'Avita o a Giovanni della Croce. Ma l'estremismo concertato della sensibilità religiosa di Agostino e della sua espressione non ci disturba meno di quanto ci imbarazzi, in alcune pagine, l'agilità sottile della sua ragione alle prese con le contraddizioni più delicate dell'animo umano. Le risonanze filosofiche e bibliche, sapientemente accordate o contrastate, sono difficili da cogliere a prima vista per un lettore che abbia scarsa familiarità con il tardo platonismo e spesso una familiarità appena maggiore con il Nuovo e soprattutto con l'Antico Testamento. Anche se iniziato discretamente alla complessità di una simile cultura classica e cristiana, il lettore talvolta faticherà nel seguire i meandri del pensiero di Agostino: si pensi alle pagine dove, sotto il riflesso cangiante e volutamente disparato delle metafore e delle astrazioni, si tesse un linguaggio adeguato con attenzione a esprimere il proprio oggetto: in questo linguaggio le perifrasi e le riprese si seguono a stento, come in un discorso esoterico.
Non è però meno vero che, a questo proposito, noi non siamo più prevenuti, come lo erano i nostri predecessori, dall'ossessione del "genio luminoso". Di fronte a uno stile talvolta più barocco che classico, l'apertura del gusto moderno ci mette al riparo da molti pregiudizi anche recenti, scusabili in lettori del secolo scorso che non avevano ancora letto A rebours, ne conosciuto i deliri verbali della poesia dopo Rimbaud. Nonostante qualche difficoltà formale, il lettore di buona volontà non può declinare l'invito al viaggio nell'universo interiore di Agostino. Se accetta di compierlo può constatare che, a prezzo di uno sforzo minimo di attenzione, "tutto lì parla all'anima, in segreto, la sua dolce lingua natale". Anche per il lettore di oggi le Confessioni conservano fascini immediati: il calore umano, la freschezza dell'anima, le sfumature delicate e multiple di un sentimento religioso e poetico in accordo con quello del salmista, ma anche la convinzione, la passione dell'assoluto e la penetrazione metafisica, l'accanimento paziente nel comprendere le ambiguità umane, la rivendicazione incessante dei diritti della ragione e del libero arbitrio (anche di fronte a un Assoluto personale che precorre sempre le decisioni dell'uomo). Le Confessioni non smettono di testimoniare con foga quella che chiamiamo, dopo i filosofi del diciottesimo secolo, la "caccia alla felicità". Agostino si appassiona a ciò che noi chiamiamo la ricerca del senso: senso dell'esistenza umana, del male e della morte, della colpa, e dell'equilibrio perduto e ritrovato. Come noi, diffida dei sistemi, esercitando nei loro confronti una critica esigente; vive tragicamente la tentazione dello scetticismo disperato; e, anche quando pensa di aver trovato, continua con passione a cercare di comprendere le debolezze dell'uomo, i limiti della ragione e le oscurità del nostro destino. Non c'è bisogno che il lettore sia un credente per trovare nelle "Confessioni" quel "nutrimento di verità" che Agostino si dichiara capace di trarre dalla poesia classica, anche da quella più lontana dal cristianesimo. Quand'anche non condivida le sue convinzioni religiose e filosofiche, il lettore di oggi non può non ammirare le qualità invidiabili di questa personalità così attraente: l'onestà intellettuale; il coraggio di continuare a cercare sempre; soprattutto, forse, il gusto di vivere nel fervore del cuore e dello spirito.
In questo senso cercheremo di indicare la via al lettore, prima che egli la percorra in compagnia di guide migliori. Esiste sulle "Confessioni", tanto più su Agostino, una bibliografia sempre rigogliosa, più considerevole che sulle altre grandi opere dell'antichità classica. Eccellenti e recenti edizioni, soprattutto in francese e in italiano, possiedono introduzioni la cui ampiezza è pari al valore. Actum ne agas: ci guarderemo dal ripeterle. Cercheremo anche di non sciupare le note preparate in questi volumi da specialisti eminenti sui particolari del testo e dei suoi problemi. Bisogna innanzitutto che il lettore si impegni di buon grado e prenda coscienza delle affinità tra Agostino e un uomo d'oggi.