L’incontro tra culture diverse caratterizza le società democratiche nell’era della globalizzazione. La convivenza con gli stranieri pone ovvi problemi giuridico-politici; meno ovvio, forse, è il fatto che i vari tentativi di soluzione siano influenzati dal modo individualistico con cui la modernità ha pensato il soggetto. Lo si vede bene analizzando il concetto di confine: lo spazio concreto in cui l’individualismo moderno ha determinato la spaccatura fondamentale tra ‘noi’ e ‘loro’, assecondando l’illusione di poter fare a meno degli altri. Un confine chiuso, impermeabile alle differenze, sembra essere una china invitante per le moderne politiche multiculturali. La soluzione postmoderna, dal canto suo, appare poco convincente: cancellare i confini, vagabondare nel mondo senza il peso di un’identità da difendere, scongiura il rischio individualistico di escludere l’altro, il diverso; tuttavia, il culto dell’erranza senza meta rende altrettanto impossibile ‘fare società’.
Serve, allora, un’alternativa antropologica che valorizzi la relazione con l’altro come bene primario della soggettività in quanto umana. Infatti, solo a partire da un’etica della relazione è possibile pensare e attuare una politica di reale accoglienza: non un’apertura indiscriminata delle frontiere, o una generosità a senso unico, bensì l’attuazione di legami di riconoscimento che impegnano tanto chi dona quanto chi riceve nell’opera comune di ‘essere-insieme’. Un’opera che – non a caso – la Chiesa ha posto al centro del suo magistero sulla multiculturalità. È per questo che un multiculturalismo sensibile al significato etico del riconoscimento dovrebbe guardare con attenzione all’esperienza cristiana del confine. Non come rimedio spiritualistico, ma come indicazione antropologicamente pertinente. Ne potrebbe nascere una politica rinnovata, all’altezza del compito che l’incontro tra culture ci impone.
Paolo Gomarasca, DEA in Filosofia, dottore di ricerca in Filosofia, collabora al corso di Filosofia sociale e alla cattedra di Filosofia morale presso l’Università Cattolica di Milano. Tra i suoi lavori: Rosmini e la forma morale dell’essere (Milano 1998); Il linguaggio del male (Vita e Pensiero, Milano 2001); Libertà e colpa, in F. Botturi (a cura di), Soggetto e libertà nella condizione postmoderna (Vita e Pensiero, Milano 2002); Identità e differenze nelle politiche multiculturali, in V. Cesareo (a cura di), L’Altro. Identità, dialogo e conflitto nella società plurale (Vita e Pensiero, Milano 2004).