I recenti straordinari progressi dell’ingegneria genetica ci consegnano insieme una promessa e un problema. La promessa è che presto si potrà curare e prevenire un gran numero di gravi malattie. Il problema è che queste nuove capacità scientifiche ci metteranno in condizione di manipolare il nostro organismo, per renderlo più efficiente nelle performance sportive o rispondente a particolari canoni estetici, e soprattutto di progettare i tratti genetici dei nostri figli.
La possibilità di intervenire così profondamente sulla natura umana crea indubbiamente perplessità nella maggior parte delle persone. Molti invocano ragioni legate alla ‘sicurezza’ di tali manipolazioni o alla loro ‘equità’, visto che questi interventi sembrano destinati ancora per molto ai mezzi economici di pochi. In realtà, sentiamo che c’è in gioco qualcosa di più.
L’inquietudine profonda che proviamo di fronte alle prospettive dell’ingegneria genetica è il punto da cui parte Michael J. Sandel, uno dei filosofi morali più importanti nel panorama statunitense, in questo libro in cui somma una logica rigorosa nello sviscerare i punti di forza e le debolezze delle diverse prese di posizione a una felice capacità di cogliere lo spirito del nostro tempo attraverso il racconto di casi e aneddoti tra i più curiosi ed esemplari.
Il fatto è che la ricerca del miglioramento continuo, la tensione sempre maggiore verso un progetto di perfezione hanno a che fare, alla fine, con un impulso di padronanza e dominio individualistico. Essere i ‘designers’ del nostro corpo o i progettisti dei nostri figli, scegliendone le caratteristiche più gradite al ‘supermercato della genetica’, anche quando le intenzioni iniziali sembrano legittime e altruistiche, ha un sapore di arroganza che ci fa perdere di vista l’essenza più profonda della natura umana: la sua gratuità. Di più: la sua incoercibile alterità di dono prezioso e per questo unico e irripetibile, da accogliere invece che manipolare, da contemplare invece che dominare.
Viviamo in un mondo, afferma Sandel, in cui la scienza cammina più velocemente della comprensione etica. E proprio per questo abbiamo il dovere di metterci al passo. Lo sguardo etico deve prendere il posto che gli spetta nel panorama dell’odierna discussione, perché è l’unico che può dare il giusto rilievo e la vera chiave di lettura al dilemma della nostra epoca: come accettare le promesse della scienza biomedica di prevalere sulla malattia senza compromettere la nostra umanità.
Michael J. Sandel, uno dei più eminenti filosofi politici e morali statunitensi, insegna Teoria del governo all’Università di Harvard, dove tiene anche corsi su temi quali lo statuto etico delle biotecnologie, la globalizzazione, il rapporto tra mercati e morale. Autore di numerosi saggi e volumi (tra cui, tradotto in italiano, Il liberalismo e i limiti della giustizia, 1994) e di articoli divulgativi pubblicati su testate giornalistiche quali «The Atlantic Monthly» e «The New York Times», dal 2002 al 2005 è stato membro del Consiglio presidenziale sulla bioetica, organismo istituito dal presidente degli Stati Uniti al fine di analizzare le implicazioni etiche delle nuove tecnologie biomediche.