Cosa accadeva, dal tardo Cinquecento, agli stranieri “eretici” che arrivavano dal Nord Europa in Italia e a Roma? Mercanti, artigiani, artisti, viaggiatori e semplici curiosi non furono sempre costretti a convertirsi per evitare le prigioni e le temute pene dell’Inquisizione. Alcuni vissero a Roma, attenti a non dare scandalo alla popolazione per lo più indifferente alle questioni di fede; altri si convertirono nella speranza di una vita migliore.
Accanto a rigide norme intolleranti, a episodi clamorosi di violenza inquisitoriale, si affermò, nel corso del Seicento, una nuova politica del Papato fondata su pratiche che miravano a riportare alla fede romana gli stranieri “eretici” con persuasione, accoglienza, cultura.
La corte dei papi, soprattutto sotto Alessandro VII, si rivelò uno strumento decisivo di persuasione con la forza della straordinaria magnificenza che attraeva sempre più forestieri, secondo la moda del Grand Tour.
Scavando nel ricco materiale inedito, soprattutto del Sant’Uffizio, si osserva la genesi di istituzioni dedicate alla conversione degli eretici, fra Sei e Settecento, mentre si ricompongono nel quadro sfaccettato e complesso della società romana le vicende di personaggi noti e sconosciuti, nel lento percorso dalla repressione alla difficile tolleranza nella città del papa.