Centotredici parlamentari con doppi, tripli e quadrupli
incarichi, un politico alla presidenza di una
banca che finanzia i suoi amici, funzionari pubblici e imprenditori
con mogli e figli soci in affari, l’assessore alla
sanità che vende apparecchiature mediche agli ospedali,
il capo di una compagnia statale che diventa presidente
della società privata di cui è cliente, avvocati di destra e
di sinistra che litigano in tribunale ma poi in parlamento
fanno le leggi insieme, il figlio del ministro che apre una
ditta nel settore controllato dal ministero di papà…
Un'inchiesta senza peli
sulla lingua nel paese dove
il confine fra l'interesse
di tutti e gli affari di
pochi ormai non esiste più.
Lo scandalo che ha coinvolto i vertici della Protezione civile ha acceso i riflettori su un gruppo di affaristi, imprenditori, magistrati, funzionari e familiari di una compagnia male assortita, che gestiva appalti pubblici in un micidiale coacervo di conflitti d’interesse. Un intreccio sfrontato, portato avanti con la consapevolezza dell’impunità. Perché in Italia, quando si nomina il conflitto d’interessi il pensiero corre subito a Silvio Berlusconi, al suo strapotere televisivo, alle leggi ad personam, ma il Cavaliere è solo l’ultimo erede di un sistema consolidato, che comprende tutti: politici, professionisti, manager, sportivi, giornalisti. I casi si sprecano: magistrati che si arricchiscono con gli arbitrati, rettori universitari che amministrano gli atenei come beni di famiglia, imprenditori finanziati da banche di cui sono azionisti, società di brokeraggio presiedute dai loro clienti, medici che diventano strumento per aumentare i profitti delle case farmaceutiche, deputati e senatori che piegano con destrezza le leggi ai loro disegni. Per farsi la pensione d’oro, sistemare una fabbrica, assumere qualche amico, basta un provvedimento ad hoc… Nella giungla di enti, ministeri, aziende statali e parastatali e ordini professionali si annida una classe dirigente abituata a usare il Paese per fare gli affari propri.