Le società moderne sembrano raccontarci un presente perpetuo, privo di legami con il passato, con la genesi stessa della natura umana. Poi, d'improvviso, la vita pone spalle al muro: una malattia, un padre o una madre cronici a casa, una patologia neurodegenerativa. In quel momento si diventa «utenti», «pazienti in fase terminale», scoprendosi deboli e precari, incapaci persino di chiedere aiuto. È lì che il cortocircuito diventa evidente ed è la società che va in crisi, non solo una persona o una famiglia. Non dobbiamo aspirare alla costruzione della città ideale, ma piuttosto tendere la mano laddove, dal basso, in modo sussidiario, si è riusciti a declinare bisogni e fragilità dentro percorsi in cui relazione, empatia e accompagnamento sono diventati strumenti eletti dell'agire. Questo libro è una narrazione di senso dell'assistenza domiciliare. Le sue storie vogliono proporre il racconto delle metamorfosi in atto, le pratiche di accoglienza. Modalità e percorsi che vedono la casa, il domicilio, come luogo della cura. Uomini e donne, giovani e anziani, che si incontrano, si raccontano, compiono assieme, dentro una reciprocità non scontata, passi condivisi, gesti che costruiscono la comunità.