Come la Bibbia, la "Poetica" di Aristotele è uno dei libri che gli uomini, nei secoli, hanno interrogato più intensamente. Dall'antichità classica al Rinascimento, dal Romanticismo al nostro tempo, le hanno chiesto cosa fosse la poesia: come purificasse l'animo, da quali passioni ci liberasse: cosa l'epica e la tragedia, quali i caratteri tragici, cosa il linguaggio e la metafora; quale lo spazio in cui deve muoversi la parola poetica.
Dopo tanti secoli, questo piccolo testo sta ancora davanti a noi come un enigma di densità quasi indecifrabile; e, a volte, abbiamo l'impressione di assistere ad un dialogo tra un maestro infinitamente maturo ed esperto e i suoi discepoli, che conoscono ogni piega del suo pensiero e ai quali egli può parlare con allusioni di una rapidità stenografica. Oggi, la "Poetica" è attuale quanto lo era per gli studiosi del Rinascimento. La descrizione fenomenologica, che Aristotele compie delle forme, delle strutture e della tecnica della poesia, può trovare una rinnovata attenzione in un tempo come il nostro che tanto interesse dedica alle forme della poesia. Alcune analisi restano insuperate. La spiegazione dell'eccellenza dell'Iliade e dell'Odisssa è, probabilmente, la più grande pagina di critica letteraria che sia mai stata scritta.
Il commento di Carlo Gallavotti muove da un dibattito continuo con la lettera e lo spirito della "Poetica". Propone molte nuove lezioni in luoghi fondamentali; e, partendo sempre dal testo, interpreta espressioni e passi, illumina rapporti insospettati, chiarisce problemi e situazioni culturali, illustra in modo inedito teorie, e, con rapide intuizioni, ci porta di colpo nel cuore del sistema filosofico di Aristotele. In questa edizione critica e in questo commento, gli studiosi troveranno moltissime novità: tutti i lettori colti saranno trascinati dalla drammatica freddezza scientifica con cui ogni problema viene affrontato ed esaurito.
Indice - Sommario
Introduzione
TESTO E TRADUZIONE
Commento
Appendici
Il piacere della mimesi catartica
Nota sulla costituzione del testo
Nota bibliografica
Indice di termini tecnici e vocaboli connessi
Indice dei nomi
Prefazione / Introduzione
Da "Lineamenti storici della "Poetica" di Aristotele"
Questo trattato di Aristotele sulla poesia costituisce la prima indagine sistematica, condotta con vigoroso spirito analitico, che sia stata dedicata all'arte poetica nell'antichità. È un'opera di estremo interesse nella storia della cultura e di forte originalità nella storia del pensiero; il suo influsso è stato notevole nella cultura antica, ma forse di più in quella moderna, a cominciare dal Cinquecento. Da allora ha dominato, come è noto, sul gusto e le teorie artistiche e sulla pratica dell'arte, per molto tempo. In parecchie intuizioni contenute nell'analisi aristotelica anche i sistemi filosofici recenti, dal positivismo all'idealismo e più ancora lo strutturalismo, possono ravvisare precedenti e anticipazioni fondamentali per una parte o per l'altra delle loro dottrine. Di qui l'attualità del pensiero aristotelico, e perciò si vuole qui riproporre l'opera ancora una volta alla considerazione del lettore moderno. In ciò consiste il suo fascino, per la storia del pensiero; d'altra parte, molte rapide annotazioni e giudizi sulle opere poetiche e alcuni accenni alle discussioni sull'arte, che si facevano al tempo dell'autore stesso, ci disvelano all'improvviso vivacemente quel fermento letterario che Atene riassumeva in sé verso la fine del quarto secolo a.C., quasi al termine di quella conquista umana nel campo artistico che era durata qualche secolo e che è rimasta paradigmatica ai nostri occhi ancor oggi.
È un'opera acroamatica, cioè dedicata da Aristotele al cerchio ristretto dei propri uditori, iniziati alla scuola peripatetica: acróama significa audizione; sono quasi appunti per un corso di lezioni, ma in una trama lungamente meditata e saldamente congegnata. La struttura dell'opera è chiara, nel suo schema essenziale, che si riflette all'ingrosso nella moderna ripartizione in capitoli:
1-3. Teoria generale delle forme della, mimesi poetica, ossia mezzi, oggetti, e modi dell'arte.
4-5. Giustificazione naturalistica della poesia come mimesi, e suo sviluppo storico nell'epica, nella commedia, e nella tragedia.
6. Definizione della tragedia e dei suoi elementi qualitativi rispetto alle forme dell'arte: racconto, carattere, pensiero (come oggetto della mimesi), lingua e musica (come mezzo), azione scenica (come modo).
7-12. Teoria del racconto come struttura di un'unica vicenda drammatica; gli elementi del racconto (peripezia, riconoscimento, sciagura) e le partizioni materiali della tragedia (prologo, episodi, esodo, e corali).
13-18. Qualità essenziali ed effetto della composizione tragica attraverso gli elementi del racconto e l'elemento del carattere e gli accorgimenti tecnici.
19-22. Teoria della lingua e particolarità del linguaggio poetico.
23-24. Aspetti dell'epopea in confronto alla composizione tragica.
25. Criteri di lettura e di giudizio delle opere poetiche.
26. Attualità della tragedia.
Nel complesso è un'analisi intensa e minuziosa, e assolutamente pragmatica, del fatto artistico o meglio della tecnica della composizione poetica, e in particolare della tragedia; l'analisi si sviluppa secondo una linea precisa e sicura, ma con frequenti rimandi interni e riprese e approfondimento di concetti, con indugi e poi con rapidi sviluppi, che hanno tutta la vivezza e le disuguaglianze del discorso parlato. Di qui derivano in buona parte le difficoltà che s'incontrano per l'esegesi generale dell'opera, e per l'esatta interpretazione di molti particolari. In parecchi punti la trattazione appare stringata nei concetti, quasi stenografica nella forma; restano sottintesi o appena accennati i riferimenti alle nozioni fondamentali dell'intero sistema filosofico di Aristotele, o i riferimenti a giudizi e discussioni che si facevano giornalmente nel cerchio degli iniziati. Restano impliciti anche tutti gli elementi di polemica antiplatonica, che si scoprono agevolmente nello scritto, quando si tengano presenti il dialogo sulle "Leggi" di Platone, e soprattutto i libri secondo e terzo della "Repubblica" e il decimo.
L'indagine di Aristotele è difatti, nel suo interno, una rivendicazione realistica della poesia contro la condanna platonica. Al motivo ontologico della condanna dell'arte come lontana di tre gradi dalla verità (idea dell'oggetto, oggetto sensibile, imitazione dell'oggetto) il sistema filosofico di Aristotele si trovava già ad avere risposto per la massima parte, poiché rifiutava la teoria metafisica delle idee iperuranie; per l'altra parte, cioè la poesia come opera di imitazione (mimesis), Aristotele non rifiuta l'antica e tradizionale concezione dell'arte come mimesi, ma rivaluta il concetto di mimesi sotto un duplice aspetto: sia come istruzione dell'uomo, e attività teoretica che supera la realtà, sia come un superiore diletto dell'animo ; e tale diletto (hedoné) non solo viene prodotto dalla considerazione dell'abilità artistica, ma s'identifica con l'effetto della poesia (ergon) sulle disposizioni psichiche dell'uomo. Nella tragedia tale effetto si produce attraverso vicende rappresentate (mimesi) che destano "commiserazione" e "terrore", nel senso tecnico che Aristotele ha spiegato anche "nell'Etica" e nella "Retorica"; ma tali vicende producono nell'animo umano, e sulla passionalità latente in ciascuno, quel sollievo liberatore della eccessiva passionalità, ossia quella kátharsis, che deriva dalla considerazione di sciagure altrui, quando sono reali, e tanto più quando sono soltanto rappresentate. Sui concetti fondamentali di mimesi e di catarsi, oltre le note di commento al testo, si veda l'Appendice.
Con ciò Aristotele ha risposto anche al secondo motivo della condanna platonica della poesia, e di tragedia e commedia in particolare, in quanto fomentatrici di violenti moti passionali. Ma a tale motivo di ordine etico Aristotele risponde anche, nel suo trattato, con tutte quelle indicazioni e avvertenze che si presentano come una precettistica, cioè come una regolamentazione del mestiere di poeta. Forse è questa la parte che risulta più ostica al lettore moderno; ma occorre notare fin d'ora che tale precettistica deriva anzitutto dalla concezione della poetica (arspoetica) come un mestiere.