La fine della stagione ideologica può costituire per la politica un'opportunità per ripensare le proprie ragioni e rigenerare il proprio Statuto regolativo. Già da qualche decennio si ripete, da più parti e da varie sedi, che viviamo in un'epoca di transizione. L'affermazione può essere intesa in vari modi ma prevalentemente sta a indicare che, mentre si è chiusa una lunga e definita stagione, non se ne è ancora aperta un'altra. Sicché, saremmo in una fase di passaggio, di transitus, consapevoli della provenienza e incerti della destinazione. La transizione può costituire un paradigma culturale al quale riferire tutta la vicenda umana, accogliendo la suggestione del transitivo. E la politica, che è la più fragile delle attività umane, può assumere la transizione come paradigma del suo agire, riconoscendo la natura necessaria e pur limitata delle sue azioni, assumendo il limite come razionalità del possibile e sofferenza per l'impossibile. La relatività è la concezione finita più che definita del pensare e dell'agire umano, l'esito, paradossalmente più significativo, della modernità. E la laicità non è che consapevolezza e responsabilità del relativo: perciò, misura etica della politica. Anche queste pagine, ispirate alla cultura del cattolicesimo democratico, sono poste sotto il segno del relativo, proprio del sapere problematico, e del limite, come soglia di responsabile ulteriorità del pensiero.