"Le tasse sono un furto e non pagarle è legittima difesa". Non si tratta di uno slogan da qualunquisti o dell'affermazione di qualche evasore. Le imposte, come spiega l'etimologia stessa della parola, sono un atto di coercizione bella e buona, un esproprio ai danni di chi onestamente lavora e produce, una rapina legalizzata. Lo Stato adopera come scusa i beni e i servizi che fornisce, anche se nella realtà essi sono pessimi e costosissimi. Servendosi delle parole dei grandi pensatori e di fatti concreti, Leonardo Pacco confuta le tesi dei gabellatori, cominciando la sua opera di smascheramento proprio dal re dei tassatori, quel Tommaso Padoa Schioppa che, nel 2007, durante un programma televisivo ebbe l'ardire di sostenere che "le tasse sono bellissime". "Elogio dell'evasore fiscale" non è una mera provocazione culturale né un'operazione populistica, bensì l'espressione di una coscienza di classe che va maturando in Italia. Che non si limita alla semplice reazione "antipolitica" alla corruzione e alle inefficienze della classe governante, ma va in profondità, arrivando a interrogarsi sull'intera organizzazione dello Stato e degli enti pubblici con dati, numeri, rapporti istituzionali, dalle clamorose truffe nascoste nelle accise al prelievo occulto da parte dello Stato nelle nostre tasche, passando per tutta una serie di trucchi, tra i quali la clamorosa "tassa sulla tassa".