Torna in tutte le librerie d’Italia l’Esegesi dei luoghi comuni del “terribile” Léon Bloy, mistico, infaticabile “giustiziere” dei contemporanei, caustico e livoroso critico della modernità. L’Esegesi dei luoghi comuni è una tra le opere più impressionanti e dure di tutta la letteratura europea del Novecento. Un libro senza mezze misure né peli sulla lingua, dove le frasi fatte, i luoghi comuni, la sciocca banalità dei contemporanei è svuotata di ogni pretesa assennatezza o presunto buonsenso: Niente e' assoluto, tutto e' relativo; Gli affari sono affari; Nessuno al mondo e' perfetto; Sono come San Tommaso; Solo la verita' offende; Il denaro non fa la felicità, ma...; sono solo alcuni dei modi di dire attraverso cui Bloy demolisce il mondo e il tempo del borghese.
Essere in Affari significa essere nell’Assoluto. Un vero uomo d’affari è uno stilita che non scende mai dalla colonna. Non deve aver pensieri, sentimenti, occhi, orecchi, naso, gusto, tatto e stomaco se non per gli Affari. L’uomo d’affari non conosce padre, né madre, né zio, né zia, né moglie, né figli, né bello, né brutto, né pulito, né sporco, né caldo, né freddo, né Dio, né diavolo. Ignora perdutamente le lettere, le arti, le scienze, la storia, le leggi. Non deve conoscere e sapere altro che gli Affari.
Luogo comune xii, Gli affari sono affari
Attraverso l’interpretazione di centottantatré luoghi comuni, Bloy da vita a qualcosa più di un “semplice” sciocchezzaio o di un “moderno” bestiario sulla banalità del mondo contemporaneo: l’Esegesi vuole essere un’opera di radicale smascheramento delle falsità e delle ipocrisie su cui si fonda la società moderna. È infatti contro il borghese, suo nemico designato, che Bloy e la sua Esegesi si scatena: egli è per Bloy la mortificazione stessa della parola e del pensiero, schiacciato dalle sue merci, dalla sua meschinità, dalle sue formulette di presunta saggezza quotidiana. E la ferocia con cui aggredisce i loro affetti più cari – il denaro, gli affari, la ricchezza – le loro inespresse, malcelate fedi – la tecnica, la salute, l’intrattenimento – fa crollare tutto il mondo del borghese sotto i colpi dell’invettiva viscerale e oltraggiosa di quest’opera insolitamente affascinante – ostile.
Amar ben altro che ciò che è ignobile, puzzolente e stupido; bramare la Bellezza, lo Splendore, la Beatitudine; preferire un’opera d’arte a una porcheria e il Giudizio Universale di Michelangiolo a un inventario di fine anno; aver più bisogno di saziarsi l’anima che di riempirsi l’intestino; credere infine alla Poesia, all’Eroismo, alla Santità, ecco quel che il Borghese chiama “esser fra le nuvole”
Luogo comune xxiv, Esser fra le nuvole
Il misticismo ispirato, che a tratti diviene addirittura violento, esasperato, il richiamo costante all’Assoluto come irriducibile termine di confronto attraverso cui intendere il mondo e il tempo del borghese è infatti elemento ineliminabile in tutta l’opera e la biografia di Bloy. E l’Esegesi del “terribile” reazionario Bloy, rappresenta ancora oggi, nonostante l’“inattualità” – e la diffidenza – che ha da sempre accompagnato l’autore e l’opera in questione, la difesa di un modo e un tempo del pensiero irriducibile a ogni etichettatura; e a una lettura odierna rimane intatta e non di rado ancor più pregnante la portata disperatamente morale e filosofica – mai moralistica – della sua critica radicale alla società, all’umanità stessa e al suo orizzonte di progresso.