Proseguendo il discorso ideale, iniziato con la pubblicazione del primo volume, con il quale l’Autore intende ritornare ai princìpi ispiratori della filosofia aristotelico-tommasiana, con questo egli vuol mostrare che tale ritorno non va effettuato mediante un appiattimento anacronistico, che farebbe un torto a questa stessa filosofia, ma mediante un ritorno che ripensa i problemi di oggi alla luce di quei princìpi, i quali, quanto più sono conservati nella loro formulazione originaria, tanto più se ne coglie la loro immensa fecondità ermeneutica, profondamente umana, ragionevole e positivamente laica, nel momento stesso in cui sono applicati, come si fa in questo secondo volume, ai problemi in cui vive e si dibatte l’uomo moderno. Fra questi problemi, emblematico è quello dell’aborto. Alla luce di quei princìpi, infatti, l’Autore adduce sufficienti argomenti razionali, senza dover ricorrere necessariamente alla fede, per sostenere che l’aborto, comunque considerato, è sempre un malum. La ragione, per essere se stessa nell’integrità della sua rettitudine, non deve necessariamente essere laica. Ogni aggettivo, messo accanto alla ragione, la snatura. L’Autore è in polemica con quei laici, meglio laicisti, i quali si sforzano con ogni mezzo di accreditare la tesi che la ragione, per procedere rettamente, deve essere antireligiosa: un’idea che, da Voltaire in poi, ha illuso e continua ad illudere coloro che vedono nella ragione un ottimo strumento ideologico e non uno strumento per cercare la verità, qualsiasi verità, anche quella scomoda.