"Era possibile, secondo Passerai, leggere un'altra storia dello storicismo, o, per meglio dire, la storia di un altro storicismo, intrecciato con il primo, ma connotato, in virtù delle sue radici cristiane attinte consapevolmente o inconsapevolmente, da un invalicabile "senso del limite" della conoscenza storica, da un vivo "senso di quell'immenso e continuo atto di coscienza e di volontà, che è il cammino dell'uomo nella storia". Si trattava del solo storicismo capace di sottrarre irrevocabilmente la libertà dell'uomo nella storia ad ogni sorta di "tirannia teologica": non solo, dunque, a quella, già menzionata, di un Dio concepito come un ente "esteriore", ma anche alla non meno oppressiva tirannia esercitata da leggi concepite come immanenti nella storia, ma dipendenti da logiche sovrastanti e totalizzanti dettate dalla Ragione o dalla Natura o dallo Spirito. Era all'interno di un siffatto storicismo cristiano - ma laico, perché strutturalmente disposto al dialogo - che Passerin individuava lo scenario concettuale e valoriale più pertinente alla propria sensibilità di storico e credente, facendone risalire le origini a Giambattista Vico (da cui peraltro erano scaturite, a suo dire, ambedue le tendenze storicistiche) e identificandone le manifestazioni a lui più congeniali in personaggi come Manzoni, Newman, Sturzo." (dall'Introduzione di Francesco Traniello)