"Non sono uno storico né un saggista: il mio, come ho detto, è un libro-sfogo,legittimamente disordinato,che non esita qua e là a farsi favola,immaginando un mitico passato di glorie durante il quale l'Italia fu la "civiltà"e gli altri si chiamarono ‘barbari’".
Servili, bugiardi, fragili, opportunisti: il mondo continua a osservarci stupito e a chiedersi donde provengano, negli italiani, tante riprovevoli inclinazioni, tanta superficialità etica e tanta mancanza di senso di responsabilità. Colpa delle stelle? del clima? della natura beffarda che ci avrebbe fatti così per puro capriccio?
In questo suo nuovo libro, sciolto e affabulatorio nella forma quanto ruvido e penetrante nella sostanza, Ermanno Rea ci trasporta indietro nel tempo alla ricerca delle origini stesse della "malattia", del suo primo zampillare all'ombra di quel Sant'Uffizio che, nel cuore del secolo xvi, trasformò il cittadino consapevole appena abbozzato dall'Umanesimo in suddito perennemente consenziente nei confronti di santa romana Chiesa.Dopo oltre quattro secoli, la "fabbrica dell'obbedienza" continua a produrre la sua merce pregiata: consenso illimitato verso ogni forma di potere (tanto meglio se dal cuore marcio, dal momento che la Controriforma – ci spiega l'autore – sa essere sempre molto indulgente con se stessa e con i propri alleati e sostenitori). Da allora nulla è più cambiato: l'italiano si confessa per poter continuare a peccare; si fa complice anche quando finge di non esserlo; coltiva catastrofismo e smemorante cinismo con eguale determinazione. Dall'Ottocento unitario al fascismo, dal dopoguerra democristiano alla stessa dinamica del compromesso storico, fino alla maestosa festa mediatica del berlusconismo, il proverbiale "Mario Rossi" ha indossato la stessa maschera del Girella ossequioso: viva il potere! viva i ricchi! viva la Chiesa!
Saggio, pamphlet, sfogo, invettiva, manifesto, La fabbrica dell'obbedienza è un libro di straordinaria lucidità e saggezza, una riflessione che diventa sbrigliata ricognizione storica, appassionato atto di accusa, istigazione al pensiero.
Un grande "no" scolpito nel tempo dei "sì" più vischiosi che la società civile italiana abbia mai conosciuto.