"Faide" è un romanzo dove non c'è finzione. È un pugno nello stomaco, un racconto che nasce nelle viscere della Calabria più dura, quella della 'ndrangheta e dell'emigrazione, e attraversa l'Europa in un viaggio dentro l'impero sconfinato dei clan. Da "Las Vegas", una piccola sala giochi dell'entroterra crotonese, dove piccoli delinquenti iniziano la loro carriera sputando per spregio sui monitor dei videogiochi, fino alle pizzerie di Duisburg nella civilissima Germania. L'autore entra nelle stanze buie delle 'ndrine, traccia la mappatura dello spaventoso potere economico del sistema criminale calabrese attraverso le storie di chi ne fa parte, di chi è scampato per un soffio, di chi ne è stato travolto. C'è la piccola Anna, ammalata di cancro perché la sua scuola è stata costruita con materiale tossico mai smaltito in discariche specializzate. C'è il Panzer, ex promessa del calcio, rovinato dalla cocaina che ormai ha soppiantato l'eroina. Il core-business di "Cosa Nuova" che fattura intorno ai 27 miliardi di euro, l'unico mercato a non conoscere crisi. Poi ci sono Domenico, undici anni, raggiunto per sbaglio da un proiettile mentre giocava a calcetto; Rosellina e Barbara, trucidate nella cucina di casa. Un viaggio nell'inferno della 'ndrangheta di cui viene mostrato il volto truce delle faide insieme a quello più "pulito" dell'imprenditoria, un "romanzo della realtà" per raccontare quello che è diventato il più grande sistema criminale del nostro tempo.