"Felici gli amati e gli amanti e coloro che possono fare a meno dell'amore. Felici i felici": le due ultime "beatitudini" di Borges, che Yasmina Reza inscrive sulla soglia di questo romanzo, ci indicano la via per penetrare nel fitto intreccio delle vite che lo popolano. Perché la felicità - nell'amore o nell'assenza di amore, all'interno di una coppia o al di fuori di ogni legame - è un talento: e di tutti i personaggi che a turno consegnano al lettore confessioni a volte patetiche, a volte grottesche, a volte atrocemente comiche, si direbbe che quasi nessuno lo possegga. In un sottile gioco di echi, di risonanze, di contrappunti - tra amori inaciditi e rancori mai sopiti, illusioni spezzate e fughe nel delirio -, le voci che si avvicendano, quasi incalzandosi, tessono un ordito i cui fili (tenui in alcuni casi, in altri pesanti come catene) collegano molteplici destini, tutti segnati dall'impervia difficoltà dell'incontro con l'altro. Con una scrittura di chirurgica precisione, capace di muoversi tra i registri più vari, in un susseguirsi di scene in cui sempre lampeggia il genio della donna di teatro, Yasmina Reza è abilissima nel far affiorare, appena sotto la superficie smaltata delle apparenze, solitudine e violenza, disperazione e risentimento; e riesce a condurre la ronde dei suoi personaggi - mogli inquiete e mariti perplessi, amanti insoddisfatte e libertini mediocri, giovani in fuga dalla vita e vecchi abitati dalla morte.