Fu senza dubbio una vita straordinaria quella di Giuseppe Garibaldi (1807-1882), grande protagonista del Risorgimento italiano. Dapprima mozzo, è poi marinaio, capitano, condannato a morte nel 1834 per cospirazione repubblicana contro la monarchia di Sardegna. Esule a Rio de Janeiro, si fa combattente, corsaro, percorre la pampa a cavallo, generale d’una legione italiana difende Montevideo e si copre di gloria. Tornato a Nizza nel 1848 con la moglie e i tre figli, riprende a guerreggiare, al servizio dell’Unità d’Italia, contro gli austriaci e i soldati di Napoleone III, accorsi in difesa del Papa. Dopo la morte della sua Anita, nel 1850, braccato, inizia un secondo esilio: Tunisi, New York, Cina, Australia. Acquista poi una parte di Caprera e s’improvvisa contadino; ma subito abbandona la sua piccola repubblica isolana per conquistare il Regno delle Due Sicilie nel 1860, prima di ritirarsi un’altra volta e tornare ancora a combattere, affrontando la monarchia sabauda – alla quale ha appena offerto Napoli e Palermo – che lo teme e lo imprigiona. Garibaldi invecchierà sempre pronto a impegnarsi in una nuova passione, per una donna o una causa, l’Italia ma anche, nel 1870, la Francia. Infine la morte a Caprera. Una figura quasi leggendaria la sua, con il fascino di avventuroso, invincibile e generoso eroe del popolo, leale e buono tra gli intrighi della politica, repubblicano nel profondo seppur alleato della monarchia, che Max Gallo ricostruisce nella sua complessità in questo libro, specchio e documento d’uno dei grandi momenti della storia italiana.