Questa "Germania" di Nicolao Merker, è prima di tutto una narrazione, puntuale e senza reticenze. Storia di una cultura in senso ampio, della cultura dei grandi intellettuali e di quella della gente comune, di quella che ha sede nei testi e nelle idee ovunque si formino e di quella che si incarna nei "fatti" e nelle relazioni materiali tra gli uomini. Altre "Germania", da Tacito a madame de Stäel, hanno segnato attraverso i secoli le domande e le risposte dell'Europa. Ma più che di storia, si è spesso trattato dei grandi miti, dei paradigmi culturali che hanno unito e diviso in ogni contrada europea partiti, orientamenti dell'opinione, movimenti spirituali, religiosi e politici. La Germania, centro e cuore dell'Europa da quando questa storia comincia, ha diviso più che unito l'Europa (o l'Europa si è divisa nella e per la Germania). Narrare una vicenda come questa, che da Lutero giunge fino a Weimar traversando cinque secoli della contemporaneità, significa forse oggi scegliere un approccio più laico e razionale, più volto al futuro che al passato, meno preoccupato di colpe, assoluzioni e condanne. Certo c'è stata e c'è ancora una Germania "buona" accanto e contro una Germania "cattiva": Müntzer o Lutero, Böhme o il protestantesimo ufficiale, Bebel o Bismarck, Karl Liebknecht o Ludendorff. Dopo il novembre 1918 la Germania, pur diventata una repubblica, continuò a portare il nome ufficiale di Deutsches Reich (Reich tedesco). Fu "una repubblica nostalgica di impero".