L'Occidente fu sempre attratto dalla Cina, ma la mitica "Terra di Mezzo" rimase un mondo sconosciuto, favoloso e irraggiungibile fino all'inizio del Seicento, quando il gesuita Matteo Ricci (1552-1610) penetrò in quell'immenso Paese, facendo conoscere alla Cina la civiltà europea. Fu un altro grande gesuita a compiere l'operazione inversa, rivelando all'Europa il volto della Cina: il trentino Martino Martini (1614-1661).
Questo libro vuol essere un contributo alla conoscenza di un uomo straordinario per fede, scienza, capacità oratoria, coraggio fisico, abilità diplomatica e doti d'iniziativa. Visse solo 47 anni, di cui una dozzina passati sul mare o segregato in luoghi remoti e inospitali, ma, oltre a svolgere la sua missione evangelizzatrice in Cina, riuscì a raccogliere sul Celeste Impero una mole immensa di materiale, esponendola in alcune opere che ebbero in Europa vastissima risonanza. Tra queste un Atlante della Cina di ricchezza e precisione eccezionali.
Sullo sfondo, il Seicento europeo mette in scena i suoi fasti e le sue miserie: secolo abietto e sontuoso, percorso dai fremiti del nuovo e dai sussulti del vecchio, che si apre alle innovazioni scientifiche più ardite e si accanisce nella cruenta repressione degli slanci riformatori, tra guerre interminabili, pestilenze e devastazioni, ma anche una straordinaria fioritura artistica e culturale. Dall'altra parte del mondo, in Cina, il Seicento fu altrettanto contraddittorio: insanguinato dalla feroce guerra di successione tra la vecchia dinastia dei Ming e la nuova dei Ching, fu tuttavia un'epoca di grande rinnovamento della civiltà cinese, che sfociò in un singolare amalgama di cultura letteraria, saggezza amministrativa, ritualità e credenze popolari, senza contare le millenarie tradizioni scientifiche e tecniche su cui si innestarono le grandi innovazioni matematiche, astronomiche e cartografiche europee, introdotte dai gesuiti insieme con la pratica evangelizzatrice.
Protagonista di questo fecondo incontro di civiltà e di tradizioni, propugnatore di una prassi missionaria tollerante, rispettoso della sensibilità e delle consuetudini di quel popolo così fiero e civile, Martino Martini seppe interpretare il proprio apostolato con saggezza ed equilibrio, ma anche con rigore e disciplina. Nominato mandarino, esercitò la carica con dignità e decoro, al punto di diventare cinese egli stesso, per lingua, costumi e abiti, pur senza rinunciare in nulla alla sua fede.