Questo libro rivela ai lettori un aspetto praticamente sconosciuto dell’autore di Don Camillo e dei racconti familiari con Margherita, Albertino e la Pasionaria:quello di creatore di brillanti testi per la Radio. Per ben tre anni, infatti, dal 1947 al 1949, Guareschi realizzò due rubriche radiofoniche che ebbero grande successo.
La prima, «Signori, entra la Corte!», consisteva di ventinove processi – divisi in due serie – il cui verdetto era lasciato agli ascoltatori; la seconda, «Caccia ai ricordi», era composta di dieci episodi immaginari inquadrati in avvenimenti realmente accaduti nell’anno che i radioascoltatori dovevano indovinare.
Per entrambe le trasmissioni erano previsti premi per i vincitori: naturalmente, niente di simile alle migliaia – o milioni – di euro che vengono offerti oggi. Per quanto riguarda, ad esempio, «Signori, entra la Corte!», tra tutti coloro che avevano espresso un giudizio corrispondente a quello della maggioranza venivano sorteggiati «un apparecchio radio Ducati a cinque valvole con occhio magico e venti cassette di Aperitivo Select e Gin Pilla».
Entrambe le rubriche erano nate per campagne pubblicitarie. La prima, per promuovere le pastiglie per la gola del «Resoldòr», prodotto della Ditta Gazzoni di Bologna, offriva nella serie iniziale vicende tipiche del dopoguerra, «comicamente tragiche o tragicamente comiche », i cui protagonisti erano i reduci, i borsari neri, i nuovi industriali, la nuova criminalità; nella serie successiva, richiesta per il notevole successo riportato dalla prima, erano invece proposti argomenti più tipicamente «gialli». Quanto alla seconda, la «Caccia ai ricordi», venne commissionata dal Calzaturificio di Varese: aveva come narratori radiofonici i personaggi allora popolarissimi di Giovannino e Margherita del «Corrierino delle famiglie», e voleva semplicemente divertire. Negli episodi, molti sono i riferimenti autobiografici legati a eventi della sua vita, molti gli spunti tratti da testi scritti in precedenza: del resto, lo stesso accade per gli avvenimenti processuali esposti in «Signori, entra la Corte!». Ogni racconto è pervaso dal ben noto umorismo, dalla struggente ironia del grande scrittore della Bassa, e ci porta il profumo di un’Italia che non c’è più.