I grandi autori avvertivano prima di tutto il vuoto - spiega Giuseppe Scaraffia all'inizio di questa traversata a tappe nei costumi di vita dei protagonisti della cultura occidentale. Perciò, tutto quello che facevano, per riuscire a dare diletto a se stessi, era il modo che avevano di "arredare il vuoto"; e quanto più elaborato, eccentrico, sofisticato, maniacale od effimero, questo diletto si mostra ai nostri occhi, tanto maggiore doveva esercitarsi su di loro la pressione diffusa di quel nulla che li minacciava: "ognuno ha la propria ricetta e spesso i più dissipati sono proprio i saggi". Secondo lo stile formatosi in tanti volumi contemporaneamente ironici e colti, Scaraffia conduce il lettore tra le pagine e le vite, con un bagaglio immenso di critica e fatti, e con un tratto di scrittura capace di rappresentare rapidissimo una figura del palcoscenico letterario dei secoli. In questo libro il centro dei suoi interessi sono le attività a cui i grandi si davano per trovare gioia o riposo o oblio o ebbrezza, da cui ricavavano, appunto, piaceri: analizzate e sistemate per ordine. I baci, i cani, i tatuaggi, le valigie, i giardini, le motociclette, e tutto il resto: non suonano come manie di artisti narcisisti ma, nel modo di scandagliarli dell'autore, sono finestre che si aprono sulle anime e sulle poetiche. Ed è come entrare nel salottino di casa dei grandi scrittori e farsi raccontare cosa facevano per dimenticarsi di sé.