Esordisce nel 1962 con un documentario contro la pena di morte. In seguito gira due film sullo stesso tema, rivedendo le proprie posizioni. Incrocia Alfred Hitchcock, improvvisa un musicarello con Sonny e Cher, conquista la fiducia di Harold Pinter. William Friedkin è il regista di successi epocali da Oscar come Il braccio violento della legge e L esorcista, ed è responsabile di alcuni dei fallimenti più costosi della storia di Hollywood. Dirige opere liriche, film a basso costo, telefilm. La sua carriera è unica, nel cinema americano e non solo. E unica è anche la sua autobiografia. "Mi chiedo che cosa mi attragga così ossessivamente verso temi inquietanti," dice di sé. Ma a differenza di tanti suoi colleghi, non coltiva il mito di una vocazione autoriale. Non che non sia cinefilo: dopo tutto è un ragazzo di Chicago folgorato da Quarto potere e dalla nouvelle vague. Ma in questa autobiografia mostra, con grande onestà intellettuale, che il cinema è un'impresa faticosa e spesso dominata dal caso. Errori grossolani si possono rivelare provvidenziali; mentre l'impulso di un attimo può compromettere mesi di lavoro. Più che celebrare i propri trionfi, Friedkin è interessato a svelare i retroscena, le occasioni perdute, le scelte sbagliate e le coincidenze fortuite, la follia propria e altrui. Riconosce la propria hybris, con la serenità di chi ha alle spalle una carriera avventurosa e imprevedibile, e ha saputo ogni volta ripartire da capo.