Quale significato, interesse o utilità riveste oggi lo studio del diritto canonico nelle Università italiane? La sua natura religiosa, le premesse dogmatiche, le finalità soprannaturali non formano un evidente retaggio medievale, degno tuttalpiù di attrarre l'attenzione della storia giuridica? Oppure le sue ineliminabili aporie, la sua costante dialettica interna, il suo ancoraggio metafisico ai valori sostanziali del bene, della giustizia e della verità, lo rendono ancora attuale? Questo volume, che raccoglie un'esperienza didattica, vorrebbe mostrare che, anziché essere superato dalla modernità, reso obsoleto dal dominio della tecnica e sterilizzato dai processi di globalizzazione, il diritto canonico può costituire nella nostra epoca una imprescindibile "pietra di paragone" e un'eccezionale miniera di esperienze giuridiche, per immaginare una concezione non legalistica ma sapienziale del diritto e della legge, e per prefigurare una concezione delle relazioni sociali non regolata dai rapporti di dominio fra le persone. Sulla base dell'apprendimento reciproco fra «ragione religiosa» e «ragione secolare» viene aperta una confrontazione fra la tradizione assiologica del diritto canonico, i vuoti della modernità, la crisi di legittimazione dello Stato, le visioni degli altri diritti sacri.