Questo libro raccoglie gli articoli scritti da Gianni Minà su Cassius Clay-Muhammad Ali dal 5 marzo 1971 ad oggi. Minà, per il Tg2 della Rai, seguiva, dall’inizio degli anni ’70, l’avventura umana e sportiva del “mito americano con la faccia nera”, il più prestigioso pugile del secolo appena trascorso. Una sorta di diario accompagnato dagli articoli, dettati “a braccio” nella notte, da Los Angeles o da Las Vegas, da Kinshasa o da Manila, al Corriere dello Sport e poi anche a la Repubblica e altri giornali. Queste cronache delle sfide pugilistiche di The Greatest con Frazier, Norton e Foreman caratterizzavano gli Stati Uniti di quegli anni, quelli del riscatto degli afroamericani, di Malcolm X, di Martin Luther King, delle conquiste de “l’altra America”, l’America che lottava per l’affermazione dei “diritti civili”. Cassius Clay, che per abbracciare la fede musulmana aveva cambiato il suo nome in Muhammad Ali, non solo fu al centro di questi eventi sportivi e sociali, ma ne fu in molti momenti uno dei protagonisti. Da allora fino a tempi più recenti quando, nel 1991, si impegnò perfino per la liberazione di alcuni cittadini nordamericani sequestrati in Iraq da Saddam Hussein. L’idea di questo viaggio, nei ricordi di quell’epoca professionale di Minà, è nata quasi casualmente dalla curiosità di sua moglie Loredana che, mettendo in ordine alcuni passaggi dello sterminato archivio cartaceo del giornalista, si è imbattuta in alcune cronache delle imprese del campione di Louisville e ne ha scoperto il fascino, segnalandolo acutamente nella postfazione. Per capire il fenomeno è sufficiente considerare che, dopo il suo rifiuto, negli anni ’60, di andare a fare la guerra in Vietnam, è stata cambiata negli Stati Uniti la legge sull’obiezione di coscienza. Minà ha sempre avuto un’attenzione particolare per campioni complessi come Maradona, Mennea, Tommy Smith, Lee Evans, Baggio e Tomba. La sensibilità sulla vicenda di Cassius Clay, anche ora che il campione è afflitto dal morbo di Parkinson, ne è la prova e conferma la singolarità del libro, che, non a caso, è introdotto da un prologo di Mina, artista somma, ma anche indiscutibile esperta di boxe.