Una nuova storiografia che guarda alle grandi trasformazioni della mentalità collettiva, ai sistemi di credenza e alla comunicazione di massa, ha introdotto una nuova prospettiva "culturale" nella storia del fascismo. Il nuovo approccio, tuttavia, non è stato ancora applicato agli studi sul cattolicesimo italiano. Eppure, in tale prospettiva, il processo di nazionalizzazione degli italiani durante il "ventennio" sembra profondamente legato alla fede cattolica, e in una doppia maniera: il cattolicesimo divenne parte della nazione e, parallelamente, l'idea che gli italiani avevano della nazione incluse massicciamente il cattolicesimo. Alimentato in modo convergente e, assieme, sottilmente concorrenziale sia dal regime che dal mondo cattolico, il mito dell'"Italia cattolica" finì per imporsi, in alternativa a quello risorgimentale e laico della "Terza Roma". Sostenuto dal fascismo, in parte con sincera convinzione in parte per inglobare strumentalmente il cattolicesimo nella propria visione totalitaria del mondo, e promosso dai cattolici per realizzare i presupposti di una visione che puntava, in chiave anti-liberale e anti-laicista, a una confessionalizzazione dello Stato e della società, esso ha rappresentato la base dell'intesa e del compromesso tra il regime e la Chiesa ma anche, allo stesso tempo, il terreno principale del loro contrasto. Questo libro racconta dunque la storia di un mito, nella convinzione che esso sia stato un soggetto non secondario delle vicende di quegli anni, ma anche delle successive perché la sua eredità avrebbe continuato a pesare nella storia dell'Italia democratica.