Quella che qui è pubblicata è la sesta e ultima edizione de Le thomisme di Étienne Gilson, che segnò nel 1965, data di apparizione, il termine di un lungo percorso apertosi nel 1919 con la prima edizione. Tra le numerose monografie del filosofo e storico della filosofia francese, Le thomisme è senza dubbio quella che si può considerare il libro di una vita, una specie di viatico che si muove e si rinnova, anche molto sensibilmente, con gli anni che passano fi no ad esprimere nelle ultime edizioni insieme con la maturità di certe intuizioni giovanili anche autentiche prospettive di innovazione. Nell’assiduo lavoro di storico (non solo medievale) e di teoreta, Gilson si è sempre confrontato, anche quando il suo studio si incentrava su altri autori, altri aspetti o altri periodi, col pensiero avvincente e sicuro di Tommaso d’Aquino. Istruttivo soprattutto per i filosofi cristiani e particolarmente per quei neo-tomisti nel cui novero tuttavia Gilson faticava a riconoscersi. Egli infatti sottolineava che l’autentico «sistema» filosofico di Tommaso traeva significato e forza dal fatto storico che Tommaso fosse anzitutto “teologo”, fortemente motivato a far risplendere la verità della sua fede nella sua integralità. Ciò stimolò, per Gilson, il contemporaneo costituirsi di una grande e intensa teologia che non poteva non includere una grande filosofia, resa solida dalla duplice critica (interna) della ragione e (esterna) della fede, entrambe in grado di attraversare i secoli, e ancora disponibili nel presente, per il valore intrinseco della loro consistenza. Il neo-tomismo tendeva ad una valorizzazione invece della «filosofia» tomista a prescindere dal suo contesto genetico che è quello di un credente-teologo impegnato nel dirsi e nel dire la verità, la bontà, la bellezza della sua fede. Si contava sul risultato «filosofico» di Tommaso, ritenuto nel suo valore spendibile nel dialogo critico con la modernità, senza chiedersi – ciò che invece Gilson ha fatto fin dall’inizio senza temere le incomprensioni dei «razionalisti» – a cosa fosse dovuto. Gilson era convinto che nel medioevo si fossero elaborate una molteplicità di filosofie, nuove e originali per effetto della fede, di livello autenticamente filosofico e così diverse rispetto a quelle dell’antichità nate in un contesto storico in cui fu assente la fede cristiana e rispetto a quelle della modernità che per principio si distanziarono dal contesto teologico e dalle sue stimolazioni.