La filosofia del secolo XIV nutrì un particolare interesse per i problemi della conoscenza, spesso al centro di animati dibattiti e di approfondite indagini, nella prospettiva di una nuova concezione del sapere, rivolto alla realtà contingente e singolare, in misura più consistente che in epoche precedenti. Oltre agli aspetti logico-epistemologici, messi in luce dalla storiografia degli ultimi anni, un posto di particolare rilevanza ebbe la riflessione sulla natura della conoscenza e sul suo oggetto, sia nelle sue specifiche determinazioni, sia nella sua più generale definizione di termine della conoscenza o di realtà “conosciuta”. La soluzione proposta dal francescano Pietro Aureoli, nota come dottrina dell’esse apparens, aprì un orizzonte nuovo nella cultura del secolo XIV, mettendo in luce, attraverso precise analisi, il valore intenzionale della conoscenza. Il superamento del dualismo fra apparenza e realtà, la determinazione del modo d’essere dell’oggetto conosciuto, l’unità fra soggetto e oggetto nella conoscenza, furono i principali cardini di una dottrina che intese rispondere alle fondamentali domande: “che cosa significa conoscere?” e “che cosa si conosce?”. Sviluppata da Aureoli in occasioni differenti, ma in modo coerente e rigoroso, anche dal punto di vista terminologico, la dottrina dell’esse apparens si rivela una fonte importante per lo studio dell’intenzionalità, sia sul versante storico, sia su quello speculativo. L’esposizione e l’analisi critica della dottrina aureoliana, seguite dalla ricostruzione delle principali reazioni che essa suscitò e dei motivi che spinsero a rifiutarla nel corso del secolo XIV, offrono la possibilità di cogliere un momento significativo della storia del pensiero, non solo medievale.