“Non sarei mai arrivato al romanzo se non mi si fosse presentato dinnanzi il commissario Kostas Charitos. Quale che sia il mio successo come romanziere, lo devo innanzi tutto a lui. Ci sono personaggi che ti balzano davanti all’improvviso quando non ne avevi neanche mai sospettato l’esistenza. Mi è sbucato davanti nell’autunno del 1993. Era il terzo anno della serie televisiva Anatomia di un delitto, di cui, svogliatamente, scrivevo la sceneggiatura, braccato dalle scadenze. All’improvviso, si è materializzata nel mio studio una famiglia formata da tre persone: padre, madre e figlio. Una tipica famiglia greca, di quelle che si possono incontrare in qualunque quartiere piccoloborghese di Atene. Il mio primo pensiero è stato quello di mandarli tutti al diavolo e buonanotte. Ecco come è andato il mio primo contatto con Charitos. Entravo nello studio e lo trovavo lì, pronto a martellarmi il cervello. In capo a un mese la sua presenza si era trasformata in una tortura quotidiana. Non riuscivo a concentrarmi, e ogni sforzo per farlo sloggiare – con le buone o con le cattive – falliva miseramente. Una mattina, ebbi un’illuminazione: per tormentarmi così, questo tale non poteva che essere un dentista o uno sbirro. Fu la prima volta che pensai che Charitos potesse essere un poliziotto.”
Petros Markaris