L'"uomo con il sole in tasca" è uomo che, pur avendo dominato l'immaginazione del nostro Paese, è diventato solo raramente un personaggio letterario a tutto tondo. Cosa che invece accade in questo romanzo di Cesare De Marchi. Ed è come se l'immaginazione disegnasse uno dei molti possibili esiti della vicenda umana e politica di tanto protagonista. Il presidente del Consiglio viene rapito dalle Nuove Brigate Rosse. Luigi Leandri, vecchio commissario di pubblica sicurezza a Milano ora trasferito alla Direzione centrale della polizia di prevenzione, si occupa del caso. Il presidente, nella sua angusta cella tra strette pareti insonorizzate, passa dalla crisi di claustrofobia alla lucidità analitica, dalla paura della morte all'impazienza. I tre sequestratori discutono animatamente: Cecilia, impulsiva e violenta, vorrebbe processare subito il rapito e ucciderlo; il giovane Mario sembra indeciso; Luca, il capo del gruppo, impone la calma. Si parla di democrazia, di mafia, di realtà virtuale e televisione, e il presidente risponde puntiglioso, a volte scherzoso. Anzi, dopo aver dato prova di abilità dialettica, il presidente è rincuorato, si sente sicuro e affronta l'interrogatorio con una sorta di leggerezza accademica, quasi salottiera, e si convince sempre più di potersi salvare. A Luca promette un diverso avvenire. Leandri è ormai vicino a scoprire il covo dei sequestratori, proprio quando fra questi ultimi si inaspriscono i conflitti. Che futuro ha l'uomo con il sole in tasca?