Una riflessione sulle forme estetiche della società di massa a partire dall’esperienza personale dell’autore: un percorso di lunga frequentazione dei media dello spettacolo, e una più recente attenzione verso i media della vita quotidiana e gli scenari tecnologici della condizione – sempre più postuma e oggettivamente marginale – dell’essere umano a fronte del mondo. Scritti a cavallo tra la fine del Novecento e l’inizio del nuovo millennio, i saggi raccolti in questo libro – La bellezza per te e per me, La Casa della Bellezza, Le lacrime di Bambi, Sensi, sensazioni, sentimenti – presentano connessioni tematiche che risulteranno sicuramente evidenti al lettore. Nuovi sono la loro collocazione e il loro assemblaggio, attualissimo è il nodo cruciale che li lega insieme: il rapporto tra sapere estetico e vocazione imperialista del soggetto moderno.
Che la bellezza sia fonte di dolore e di felicità lo sappiamo: abbiamo imparato sulla nostra pelle cosa significhi essere belli o brutti, quanto sia dolorosa l’esperienza di essere esclusi dalla sfera della bellezza in un mondo che ne è dominato e quanto esaltante l’avventura di apparire belli o di conquistare l’attenzione di chi ci sembra bello, avvenente, vincente. La bellezza è un premio o una punizione comune.
La scena che ci inquieta è quella duplice e parimenti dolorosa in cui sentiamo che il nostro corpo, il suo apparire alla presenza dell’altro, non viene giudicato bello, oppure il corpo, che a noi appare bello, si ritrae e ci nega. Avvenuta l’alchimia del desiderio, belli o brutti che si sia, la recita segue il copione sociale di una continua approssimazione alla bellezza. Su questa dinamica hanno prosperato le fabbriche ed i mercati dell’abbigliamento, della cosmetica, della ginnastica, della chirurgia estetica.
L’interpretazione freudiana del piacere non ha potuto fare molto a questo proposito. Ne ha preso atto. Così come le teorie critiche sulla civiltà dei consumi: negazioni di ciò che è innegabile.
L’esperienza ci insegna che la bellezza domina i nostri comportamenti e governa la felicità o l’infelicità delle nostre sensazioni. Quanto più la bellezza è prossima al nostro desiderio, compatibile con le nostre esigenze, tanto più siamo felici. Siamo stati educati sin dall’infanzia a questo meccanismo. A esso sono stati connessi i valori del benessere, della ricchezza, del successo, della sopravvivenza.
Qualunque politica, qualunque regime, qualunque apparato ha dovuto accettare il meccanismo della qualità formale dei processi e dei prodotti. Ci si è preoccupati di metabolizzare le dissonanze soltanto dentro questo grandioso scenario: tra Hollywood, la Corazzata Potëmkin e le grandi parate naziste esiste uno stesso cerimoniale.