Se interroghiamo con sincerità la nostra coscienza, percepiamo, forse con un brivido di turbamento, che non abbiamo prove che il Crocefisso sia tornato a vivere. Il card. Martini non temeva di scrivere: «Ritengo che ciascuno di noi abbia in sé un non credente e un credente, che si parlano dentro, si interrogano a vicenda, si rimandano continuamente interrogazioni pungenti e inquietanti l’uno all’altro. Il non credente che è in me inquieta il credente che è in me e viceversa. […] La chiarezza e la sincerità di tale dialogo mi paiono sintomo di raggiunta maturità umana».
Vorremmo allora essere stati presenti nel momento in cui Gesù si è mostrato ai suoi discepoli per avere la certezza della risurrezione. Vorremmo che anche a noi fosse dato di mettere il dito nel segno dei chiodi e la mano nel fianco squarciato del Signore, così che, come Tommaso, da increduli possiamo diventare veri credenti.
Ma nessun segno, per quanto limpido, è capace di produrre automaticamente l’assenso perseverante del cuore. Dimentichiamo che gli apostoli avevano assistito a miracoli eclatanti. Eppure il Maestro li rimproverò più volte per la loro poca fede; e, nonostante tanti segni della sovrumana potenza del Cristo, al momento della Passione fuggirono e rinnegarono colui che avevano confessato essere il loro Signore.
Non basta dunque vedere per credere. È necessario invece ascoltare la Parola profetica per aderire nella fede al mistero del Cristo Risorto. La manifestazione del Signore risorto, nel Vangelo di Luca, si esprime nel dare ai discepoli segni «tangibili» del suo essere vivo; tuttavia Gesù, per renderli edotti del senso della sua vicenda e per farli testimoni del suo mistero, ricorda ai discepoli le «parole che aveva detto loro quando era ancora con loro» (prima della Passione), parole che, a loro volta, si fondavano sull’antica Scrittura: «Bisogna che si compiano tutte le cose scritte su di me nella Legge di Mosè, nei Profeti e nei Salmi» (Lc 24,44).
L’evento della risurrezione è «compreso» dunque nel suo senso ed è accolto con un consenso autentico solo se è «visto» come il compimento della promessa divina attestata dalle Scritture. Anche per i testimoni oculari.
A questa stessa esperienza siamo introdotti con il percorso liturgico della Veglia pasquale. In essa il Signore viene incontro alla comunità dei suoi fratelli per dare loro vita nel perdono, e per inviarli a testimoniare la gioia. La conclusione della vicenda di Giuseppe (Gen 45) ci aiuta ad approfondire il senso della visita salvifica del Risorto.