Non è certamente un caso, se oggi la Libia è, insieme alla Siria, il Paese più violento e caotico del Mediterraneo. Nella "Quarta sponda", Sergio Romano ne ripercorre la storia e ce ne illustra i tanti volti. Il primo è quello delle due province ottomane, alla periferia dell'Impero, quando l'Italia ne decise la conquista: piccole società ebraiche ed europee nelle due città maggiori, modesti traffici con il Mediterraneo e con l'Africa, tribù combattenti e gelose della loro indipendenza che daranno molto filo da torcere all'amministrazione coloniale italiana. Il secondo è quello della colonia degli anni Venti e Trenta. Nacque allora, soprattutto durante il governatorato di Balbo, una Libia italiana di cui esistono ancora parecchie tracce. Il terzo è quello della Libia post-coloniale, dopo la fine della Seconda guerra mondiale e la proclamazione dell'indipendenza: un piccolo regno, una nuova ricchezza rappresentata dal petrolio e dal gas, un'importante comunità italiana e buone relazioni con la vecchia potenza coloniale. Il quarto è quello di Gheddafi, ufficiale nazionalista, spregiudicato, tirannico, divorato da insaziabili ambizioni. Il quinto e ultimo volto è quello incompleto di un Paese che non è ancora riuscito, dopo le rivolte arabe, a trovare un nuovo equilibrio ed è tuttora sconvolto da una sanguinosa guerra civile. Ma è sempre lì, di fronte alle coste italiane, con le sue ricchezze, le sue minacce e il suo carico d'immigrati che riversa sulle nostre spiagge: una buona ragione per conoscere meglio la sua storia.