Andrew Whittaker è indebitato fino al collo, la rivista letteraria che dirige è a un passo dalla bancarotta, la casa in cui vive cade a pezzi e la moglie lo ha lasciato. Andrew però non molla. È una fucina di idee, progetti. Forse anche illusioni e velleità. E scrive, forsennatamente, a chiunque. Poi raccoglie tutto. Un presente e un passato di sogni, ideali e rimpianti emerge dagli stralci del suo strampalato epistolario: lettere di rifiuto ad aspiranti scrittori, lettere alla ex moglie, lettere a ditte incaricate di rifare i soffitti di casa, lettere di sfratto, annunci di appartamenti in affitto, appunti, cose pensate, bozze di racconti, pezzi di un romanzo, lettere alla madre, post scriptum per la badante della madre, pagine di diario, liste della spesa, cartelli per gli inquilini del palazzo, ancora lettere, ancora pensieri, ancora cartelli... Ne esce l'impossibile catalogo di un amabile perdigiorno. O, meglio, di un nevrotico e coscienzioso archivista del tutto e del nulla in cui siamo immersi.