Quando, nel 1918, Scholem lesse la traduzione tedesca della Leggenda dello scriba a Walter Benjamin, questi rimase «profondamente colpito» dalla qualità visionaria di un autore che quelle pagine gli davano modo di scoprire, ma il cui nome sarebbe tornato spesso nelle lettere all'amico degli anni successivi - allorché Agnon si andò affermando come il maggiore e il più fecondo narratore di lingua ebraica. In questo volume il lettore troverà riuniti alcuni dei racconti più celebri di Agnon; e, come accadde a Benjamin, non potrà che rimanere incantato da queste narrazioni, che assumono a volte il tono della fiaba, a volte l'andamento formulare della scrittura biblica. E che gli faranno scoprire alcuni di quei personaggi che entrano prepotentemente nell'immaginario - uno per tutti, il piccolo rabbi Gadiel: così piccolo che suo padre se lo porta alla preghiera del mattino nella tasca del vestito; così piccolo da poter rimanere chiuso senza gravi conseguenze nelle pagine dei sacri libri della Torà; così piccolo da essere ingoiato da un goy malvagio e da sopravvivere nel suo stomaco come Giona nel ventre della balena, per poi essere risputato fuori al momento opportuno, e poter discolpare il padre ingiustamente accusato di omicidio rituale, salvando così dallo sterminio l'intera comunità. Agnon domina un mondo di storie tanto ricco «che non basterebbero» scrive «trenta risme di carta» per raccontarle tutte, ma le riduce all'essenziale - e, con la sua prosa soavemente ironica, intessuta di sottili reminiscenze talmudiche, fa sorgere sotto i nostri occhi un mondo quasi magico, in cui si muovono straccioni e santi, spose malinconiche e cabbalisti, ma anche una capra capace di condurci nel Giardino dell'Eden.