Una benedettina di oggi scrive a una grande figura del monachesimo carmelitano del passato recente, alla ricerca di una radice comune e della comprensione del "mistero del male e dell'iniquità nei nostri giorni". Come dice monsignor Corti nell'Introduzione, si tratta di pagine nate da una lunga frequentazione, quasi fraterna, da leggere con calma e nel silenzio orante: "Chi prende in mano queste pagine indirizzate a Edith Stein non deve avere fretta nel leggerle. Non solo perché nascono dal silenzio e dalla veglia notturna, ma anche perché sono suggerite da una lunga amicizia e da una sintonia spirituale che rende veramente sorelle due monache, anche se non si sono fisicamente incontrate". E ancora: "Questa lettera è un grande atto di amore per il popolo ebraico: "Se anche tutte le parole fossero da cancellare, ecco, vorrei che ne rimanesse almeno una, ed è questa: che nel cuore di Gesù Cristo e della Chiesa sento di amare immensamente, a nome di tutti i cristiani e di tutti gli uomini, il popolo che Dio ha scelto come suo primogenito, così come tu, Edith, lo hai amato appassionatamente, fino all'olocausto". Un amore ispirato certamente dai dolori patiti dal popolo ebraico, ma anche dall'esperienza di conversione di Edith al Cristianesimo".