"Mi chiamo Jorge Bergoglio e quest'anno sarò il vostro professore di letteratura spagnola e di psicologia." Nel 1964 il Papa è impegnato nel suo periodo di noviziato. Ha ventisette anni ma ne dimostra meno. E i suoi studenti, allievi del Collegio dell'Immacolata di Santa Fe, il più antico del paese, non tardano a chiamarlo "carucha", "faccia di bimbo". Lui, in realtà, è uomo metodico, perseverante, che ha la ferma intenzione di tirar fuori il meglio da quei ragazzini. Di fronte allo spirito di ribellione adolescenziale, il giovane Bergoglio accetta la sfida educativa come una battaglia personale, con la quale spera di rivelare il lato migliore dei suoi allievi. Ma per lui questa è solo una parte della missione: pretende molto di più, vuole renderli testimoni di Fede. Spiegando in maniera dettagliata e convincente quello che Cristo ha fatto per gli uomini, è riuscito infatti a raggiungere il cuore degli studenti. E i ragazzi, racconta Jorge Milia, giornalista argentino e suo allievo, lo stimavano nel profondo perché era capace di orientare i loro comportamenti, dimostrandosi sempre molto chiaro con chi era alla ricerca di una risposta. Il bello di Bergoglio, ricorda l'autore, "è che non esistevano mai porte chiuse. Ricercare, curiosare, queste erano le parole d'ordine". Grazie a lui i ragazzi hanno conosciuto anche i film di Ingmar Bergman, le idee non proprio ortodosse di Teilhard de Chardin, i libri di Albert Camus, e hanno incontrato Jorge Luis Borges.