Questa nuova edizione del Manuale di Diritto Costituzionale, giunta alla XXXI edizione, pone in evidenza la ferma volontà riformista della maggioranza governativa.
La tanto dibattuta riforma costituzionale è giunta ormai in dirittura d’arrivo, mancando solo due brevi passaggi in Parlamento e il tanto atteso referendum cui gli elettori sono chiamati a partecipare per esprimere il proprio “giudizio” su tale decisivo cambiamento istituzionale.
Non tutti si mostrano favorevoli per alcuni contenuti non chiari della manovra.
Da una parte, c’è chi plaude all’intervento (BARBERA, FUSARO, NICOTRA), venendo allentati i farraginosi meccanismi del bicameralismo perfetto, che hanno frenato per decenni il processo legislativo parlamentare e consentito al Governo di adottare con troppa frequenza atti aventi natura eccezionale, giammai ordinaria. Per non parlare dell’abbattimento dei costi di gestione della politica ormai divenuti insostenibili (riduzione dei numeri dei senatori, abolizione del CNEL, integrazione funzionale delle amministrazioni parlamentari etc.).
Dall’altra, chi critica duramente il disegno di riforma (RODOTÀ, PACE, CARLASSARRE), partendo dal principio intangibile, espresso dall’art. 1 Cost., della libera espressione della volontà popolare, ritiene che, in ragione della sentenza 1/2014 della Corte costituzionale, i rappresentanti del popolo devono essere “eletti” e non “nominati” dalle segreterie di partito.
L’attuale legge elettorale (cd. Italicum) prevede ancora l’esistenza di 100 capolista che, designati dai partiti, violano il principio della sovranità popolare. Alla luce di tutto ciò, l’attuale Parlamento – e se non cambiano le regole anche il prossimo – non rappresenta pienamente la volontà popolare.
Dare un giudizio definitivo a tale riforma costituzionale risulta dunque difficile, soprattutto perché il dibattito si è spostato da considerazioni di carattere giuridico a dichiarazioni di ultimatum politici da parte del Presidente del Consiglio in carica.
Solo attraverso il referendum costituzionale, il popolo potrà e dovrà esprimere il proprio assenso o dissenso alla volontà di riforma delle nostre istituzioni.