Si governa male la sintassi, si fanno errori marchiani di ortografia. Il mare della nostra ricca, duttile, stratificata, bellissima lingua, si dissecca spesso nelle strettoie di rigagnoli magri.
Nello stesso tempo molti settori stanno imboccando le vie opposte dell'enfasi, dove un italiano ipereccitato strafà e stradice. Anche la stessa «fonografia realistica» che riscontriamo nella narrativa, nei nostri romanzi che simulano tutti allo stesso modo il parlato, comincia a mostrarsi eccessiva. Meglio potare il troppo e lo spreco, riuscire a «far passare il mare in un imbuto«», diceva Calvino, fissare un onesto numero di mezzi espressivi e con quelli cercare di dire qualcosa di meno generico, piú ricco e complesso. Nel libro largo spazio è dedicato alla grammatica, ai dubbi quotidiani di lingua, ai momenti di «rigidezza» della norma e ai momenti di «libertà» dell'uso. E intanto si mettono in rilievo gli inganni e i sortilegi della parola, eufemismi e falsità, equivoci, etimi e storie curiose, locuzioni idiomatiche vive o malvive, parole perdute, percorsi e prospettive dell'italiano contemporaneo, contatti con altre lingue, l'anglomania in corso, le polemiche e i dibattiti attuali su lingua e dialetto, i linguaggi settoriali, dal politico allo sportivo alle parole dei giovani; infine i libri, la poesia e la prosa, il leggere e lo scrivere.