I saggi di Gioacchino Volpe, pubblicati per la prima volta tra il 1907 e il 1912, e poi raccolti dall’autore in volume nel 1922, rappresentano una pietra miliare negli studi sul medioevo italiano. Attraverso l’analisi dell’eresia dei patari, delle esperienze dei valdesi, del grande movimento francescano e di altri fenomeni religiosi che caratterizzano l’Italia tra l’inizio del secondo millennio e il Trecento, l’autore mette sotto osservazione le trasformazioni dell’intera società medievale. Si tratta di un cambiamento radicale di indirizzi sociali e politici, di uno straordinario scontro di poteri tra coloro che attraverso l’innovazione religiosa forzarono i termini dei vecchi assetti e rapporti di forza, e coloro che rappresentarono le istanze di controllo, di ordine, gerarchizzazione.
Entro un simile scontro di poteri e di ispirazioni, che coinvolge la sfera religiosa così come l’ambito istituzionale e civile, si evidenziano«le sorgenti dello spirito individualistico che costituisce il segno distintivo dell’epoca nuova», quel «nuovo sentimento della natura e dell’uomo» che non solo conferisce un ritmo «più gagliardo» al sentimento religioso, ma intride di sé tutta la vita civile. La storia delle eresie attrae dunque lo studioso della società medievale per un complesso di motivazioni, che vanno ben oltre la specifica valenza religiosa: essa è, in realtà, storia di competizioni guelfe e ghibelline, storia di conflitti tra papi e imperatori, storia di modificazione della proprietà e del potere, storia di costituzione di Stati. Di là dalle valenze ideologiche che per un lungo periodo lo hanno velato, e a cui non è estranea la stessa interpretazione fornita dall’autore alla vigilia del fascismo, lo studio di Gioacchino Volpe rimane un grande classico in grado ancora oggi di porre allo storico religioso e civile interrogativi cruciali.