Il 17 giugno 1972, nella sede del Comitato nazionale del Partito Democratico, una porta mantenuta socchiusa da un pezzo di nastro adesivo insospettisce una guardia, che chiama la polizia. Inizia così, come un film di spionaggio, uno dei più devastanti scandali politici della storia: lo scandalo Watergate. In un crescendo di complicità, il caso si gonfia. Non più un semplice furto, ma un enorme scandalo, con il coinvolgimento del presidente Nixon, che dopo due anni di depistaggi, bugie, false dichiarazioni, è costretto alle dimissioni, primo e unico presidente della storia americana, a un soffio dall'impeachment. Cinque anni dopo, è un Richard Nixon agguerrito e determinato quello che accetta di farsi intervistare dal giornalista inglese Frost. Forte del fatto di non essere stato né processato né condannato, l'ex presidente ha continuato a proclamare la sua innocenza. E quell'intervista gli consentirebbe di riconquistare l'opinione pubblica, ricordando i successi intascati durante il suo mandato, dai rapporti con la Cina alla conclusione della guerra in Vietnam, oltre che di guadagnare la bella somma di un milione di dollari. Ma le cose andranno diversamente. Colpito al fianco da domande stringenti e messo di fronte a brani di intercettazioni telefoniche mai divulgate prima, Nixon vacilla e fa proprio quello da cui il suo successore Ford l'aveva messo in guardia: confessa di aver violato la legge.