“Ci consegna un ritratto di Philip Roth tra i migliori che abbia mai letto” Dave Eggers
“Ti proibisco di scrivere di me,” intima Philip Roth. Per Livia Manera Sambuy dovrebbe suonare come un divieto, ma è di fatto un’istigazione ad abbattere la barriera che divide l’intesa umana e l’invenzione letteraria, è uno stimolo ad attivare la memoria di sé e la memoria lasciata dalle tante letture e dalle parole chiave che hanno aperto la porta su un territorio in cui vita e letteratura si mescolano. Livia Manera racconta storie di incontri con i “suoi” scrittori americani, storie di complicità, amicizia, consuetudine, amore. Racconta la New York degli intellettuali che vi sono rimasti, la Parigi di quelli che se ne sono andati, i colori del Maine e il respiro del Midwest. Con il garbo di una scrittura che fa dell’io narrante la sonda e lo specchio, il mondo della letteratura americana diventa la scena di un’esistenza che continua a cercare nelle domande e nei dubbi una strategia di saggezza. È così che ci vengono incontro le figure di Philip Roth, Richard Ford, Paula Fox, Judith Thurman, David Foster Wallace, Joseph Mitchell, Mavis Gallant, James Purdy, ma anche, in controluce, quelle di Raymond Carver, Mordecai Richler e Karen Blixen. Sono figure illuminate dalla fama, costruttori di saggezza e demolitori di luoghi comuni, anime che Livia Manera sorprende sempre in un gesto significativo, in una confidenza appassionata, o addirittura nella maestà del silenzio.