A cura di Davide Rondoni
V’è dentro di noi un’energia che aumenta o decresce in conseguenza
dell’uno o dell’altro dei nostri atti; tanto bene lo sentiamo che ci si stima
o ci si disprezza a loro norma; stima e disprezzo che suppongono
un giudizio, il quale implica a sua volta un’ulteriore evidenza, che cioè
i nostri atti erano liberi: liberi dunque essi furono.
Uscito nel 1927, l’ultimo libro di Bourget può essere considerato il suo testamento letterario. Nella vicenda del giovane Patrick è facile riconoscere elementi della vita dello scrittore: dall’esperienza rivoluzionaria della Comune parigina alla riscoperta tardiva della fede cattolica abiurata in gioventù. Un romanzo storico, di formazione, del quale colpisce la vastità di respiro tentata dall’autore: egli chiama a essere protagoniste di questa storia questioni di rilevanza universale di ordine storico, scientifico, sociale, politico, morale. Il dramma interiore, avvincente quanto i numerosi colpi di scena, e la complessa costruzione psicologica dei personaggi danno vita non solo a un’intensa storia d’amore, ma anche a un epico scontro di idee. E, al centro di tutto, una tematica ricorrente nelle riflessioni di Bourget: la responsabilità umana.
Perché un atto, una volta compiuto, ci segue insieme a tutte le conseguenze, note o ignote, che ha provocato: non è possibile sfuggire al proprio passato, ma si è sempre in tempo per scegliere il bene.