L’autore gioca abilmente con uno dei concetti più enigmatici della storia del pensiero scientifico: il nulla. A partire dalle prime teorie dei filosofi greci, culminate nell’aristotelico horror vacui, il lettore viene accompagnato attraverso gli esperimenti condotti nel Seicento da Torricelli, Galilei e Pascal, per arrivare alla rivoluzionaria teoria della relatività di Einstein e al fascino delle ultime frontiere della ricerca scientifica, dove i confini tra fisica e filosofia si fanno sempre più sfumati. Oggi l’infinitamente grande (la cosmologia, la teoria del Big Bang) e l’infinitamente piccolo (la meccanica quantistica e lo studio delle particelle subatomiche) ci parlano del nulla come di uno spazio pieno di segreti ancora da esplorare.
La domanda da cui prende le mosse il libro è: esiste il vuoto? Che cos’è? Come può anche solo essere pensato?
Da lì Close comincia a ripercorrere 2000 anni di storia di pensiero scientifico. L’approfondimento del concetto di nulla ha corso in parallelo con i progressi scientifici. Dall’horror vacui teorizzato dai greci (la Natura avrebbe “paura” del vuoto, e tenderebbe a riempirlo, sempre; poco più che una superstizione, dunque), si passa attraverso il grande sviluppo della fisica sperimentale del Seicento e del Settecento (Galilei, Newton, Torricelli) per arrivare al grande balzo in avanti dell’inizio del Novecento. All’inizio del XX secolo, infatti, la nascita della fisica subatomica, della meccanica quantistica e i grandi sviluppi della fisica teorica di Einstein hanno dato ulteriore vigore agli studi sul concetto di nulla.
Lo studio del concetto di nulla ha insomma dato all’uomo la possibilità di studiare il Big Bang e i confini dell’universo (oltre i quali ci sarebbe… nulla) e, diametralmente opposto, la struttura subatomica della materia: dall’infinitamente grande all’infinitamente piccolo.