Fin dal loro apparire, nel 1534, i Paradossi di Sebastian Franck suscitarono sconcerto per la loro radicalità: ad avere la forma del paradosso sono la teologia stessa e la Scrittura, un paradosso in conflitto con tutto ciò che il mondo crede. Di qui l'andamento dialettico dell'opera: il vero Cristo, il Cristo interiore, lo Spirito, non ha bisogno delle Chiese storiche, ovvero non ha bisogno di libri, cerimonie, culti. Il Nuovo Testamento stesso è pensato da Franck non come un libro, una legge, bensì come lo Spirito santo che parla all'uomo interiore, all'uomo completamente distaccato. Affermazioni che nella loro paradossalità, anche stilistica, riprendono temi della mistica speculativa di Meister Eckhart e inaugurano quella corrente della cultura europea che va sotto il nome di "pensiero religioso liberale". Non a caso Pietro Martinetti ebbe a scrivere: "Sebastian Franck è la più grande figura religiosa del cristianesimo moderno. Egli ha un intuito profondo della realtà: anche nella storia religiosa sa gettare uno sguardo penetrante, sicuro, sereno, obiettivo. Egli solo ha saputo sottrarsi, restando cristiano, alla schiavitù del biblicismo, che egli rimprovera anche agli anabattisti, e resistere al sogno di restaurare il cristianesimo apostolico [...] Non dobbiamo perciò meravigliarci se egli rimase solo.".