Nella società dell’informazione le agenzie culturali si moltiplicano e ci investono con messaggi di ogni genere; i mass media sono veicoli di saperi di consumo più efficaci e accattivanti di quanto possano ormai rappresentare, soprattutto per i giovani, i tradizionali mezzi di trasmissione della cultura, ossia la scuola e il rapporto tra le generazioni. Ma si tratta davvero di trasmissione della cultura oppure di semplice comunicazione di contenuti? Là dove, infatti, la comunicazione comporta lo scambio di un messaggio, la trasmissione chiama in causa dinamiche più complesse, implica un processo di rielaborazione e di riappropriazione dei contenuti appresi e non un semplice accumulo di informazioni. Per questo, afferma Mathiot, si ‘comunica’ un messaggio, ma si ‘trasmette’ la vita. In tal senso vanno rivalutate le conoscenze ‘grezze’ trasmesse dalla famiglia e dalla saggezza popolare, ad esempio quelle relative alle previsioni del tempo oppure alle abilità culinarie. È urgente, allora, interrogarsi sul vero senso del trasmettere che non è riproduzione pedissequa di una tradizione o rottura con il passato. La trasmissione è separazione e continuità, distruzione e sopravvivenza: un movimento che punta a costituire l’autonomia di colui che ne è coinvolto, che lo invita ad acquisire una distanza critica da ciò che apprende; che, infine, è proteso verso il nuovo senza tradire la fonte da cui scaturisce.
Pascal Mathiot, docente di lettere alle scuole superiori, è autore di saggi su Molière, Montaigne e Buzzati.