Nel 1937 un colpo alla nuca in uno scantinato concluse la vita di Pavel Florenskij, matematico, fisico, geologo, filosofo, teologo, da molti definito il Leonardo da Vinci russo. Il suo corpo fu gettato in una fossa comune e di lui nessuno seppe più niente. I famigliari credettero a lungo che, dopo essere stato ingoiato dal sistema dei campi di lavoro sovietici, fosse morto nel 1943. Alla fine degli anni '50 fu riabilitato: le accuse contro di lui si erano rivelate infondate. Del resto, Florenskij non era in senso stretto un dissidente e, anche quando era entrato nella realtà del gulag, aveva cercato di fare quanto le sue capacità speculative e una totale dedizione al lavoro gli consentivano per approfondire le conoscenze in un vasto numero di discipline (proprio durante il periodo della prigionia gli vennero riconosciuti 12 brevetti legati a 47 applicazioni delle sue innovazioni tecnologiche). Parecchi altri anni sono però dovuti passare perché la sua parabola di uomo, scienziato e sacerdote cominciasse a ottenere attenzione, e infatti Avril Pyman ci offre la sua prima biografia completa, sullo sfondo delle vicende storiche, politiche, religiose e culturali del mondo russo a lui contemporaneo. Ciò che ne emerge non è solo l'immagine di una intelligenza dotata per le scienze e per il pensiero filosofico, ma anche il profilo di un uomo libero, restio a ogni compromesso, unicamente interessato alla ricerca della verità.