"Perché dovremmo dirci cristiani? Oggi siamo liberali, e perciò non c'è bisogno di rivolgersi al cristianesimo per giustificare i nostri diritti e libertà fondamentali. Siamo laici, e perciò possiamo considerare le fedi religiose come credenze private. Siamo moderni, e perciò crediamo che l'uomo debba farsi da sé, senza bisogno di guide che non derivino dalla sua propria ragione. Siamo figli della scienza, e perciò ci basta il sapere positivo, provato e dimostrato.
Senza contare il resto. In Europa stiamo per unificarci, e dunque dobbiamo evitare di dividerci menzionando il cristianesimo fra le radici dell'identità europea. Nel mondo stanno rinascendo guerre di religione, e dunque dobbiamo evitare di accendere altri focolai. In casa nostra stiamo integrando milioni di islamici, e dunque non possiamo chiedere conversioni di massa al cristianesimo. Dentro le nostre società occidentali stiamo attraversando la fase della massima espansione dei diritti, e dunque non possiamo consentire che la Chiesa interferisca e ne ostacoli il godimento. E così via.
Questo libro intende rifiutare tutti questi perciò e dunque. Non c'è dubbio che siano diffusi: li leggiamo sui libri e sui giornali, li sentiamo alla televisione e nelle aule universitarie, li ascoltiamo dalla voce di tanti intellettuali, li vediamo all'opera nell'azione di tanti politici. Ci bombarda da così tante parti, questa negazione della religione, in particolare questa apostasia del cristianesimo, che c'è solo da meravigliarsi che qualcuno ancora si opponga. Io mi oppongo.
La mia posizione è quella del laico e liberale che si rivolge al cristianesimo per chiedergli le ragioni della speranza. Non si tratta di conversioni o illuminazioni o ravvedimenti, tutte cose importanti, delicate e rispettabili ma che attengono alla sfera della coscienza personale di cui qui non faccio questione e ancor meno esibizione. Si tratta di coltivare una fede (altra espressione appropriata non c'è) in valori e principi che caratterizzano la nostra civiltà, e di riaffermare i capisaldi di una tradizione della quale siamo figli, con la quale siamo cresciuti, e senza la quale saremmo tutti più poveri."