Il secondo volume propone i poeti della corte di Federico II (a esclusione di Giacomo da Lentini), che possono essere distinti in due generazioni: la prima legata all'imperatore e ai suoi funzionari di maggiore spicco, come lo stesso Giacomo e Pier delle Vigne, e più radicata in Sicilia e nel sud; la seconda sviluppata intorno al figlio di Federico, Manfredi, e con ramificazioni verso la Toscana. Tra gli autori presentati nel Meridiano, oltre allo stesso Federico, si segnalano Guido delle Colonne (di lui sono citate da Dante nel "De vulgari eloquentia" le canzoni "Amor, che lungiamente m'ài menato" e "Ancor che l'aigua per lo foco lasse"), Rinaldo d'Aquino (autore tra l'altro di "Giamäi non mi conforto", lamento della donna per la partenza del crociato), Pier delle Vigne (cantato da Dante nella Commedia), Stefano Protonotaro (la sua canzone "Pir meu cori allegrari" è l'unico testo integrale che ci sia stato tramandato nel siciliano originale), Cielo d'Alcamo (autore del famoso contrasto "Rosa fresca aulentissima"), Giacomino Pugliese (sua la canzone "Morte, perché m'ài fatta si gran guerra", uno dei più antichi esempi di pianto per la morte dell'amata) e Re Enzo (che, figlio naturale di Federico II, passa gran parte della sua vita prigioniero a Bologna ed è quindi figura importante per la diffusione della poesia siciliana nell'Italia del centro-nord).