Il potere può assumere, e ha assunto nel corso della storia, le forme più diverse. Cosa ci viene in mente quando pensiamo al potere? Pensiamo al capo di stato, al sindaco della nostra città? Al poliziotto che alza il manganello per mantenere l'ordine pubblico? Certo, può essere tutte queste cose. Ma nella società complessa e smaterializzata di oggi il potere si insinua nelle nostre vite in modi molto più sottili. E allora è più che mai necessario tornare a riflettere sulle radici del problema e domandarsi: che cos'è e come si esercita il potere? In questo classico della sociologia e della teoria dei sistemi sociali, con un incredibile anticipo e una scelta spiazzante per il suo tempo ma che oggi non può non sembrarci profetica, Niklas Luhmann risponde che il potere non è altro che «un mezzo di comunicazione», in grado di produrre simboli tanto più efficaci quanto più riescono a persuadere spontaneamente chi vi è sottoposto. Il ricorso alla coercizione tramite la violenza, per quanto sia la sua espressione più appariscente, «segna non già il successo del potere ma il suo scacco». E non capiremo mai la sua vera natura, sostiene Luhmann, se continueremo a pensarlo come una corrente unidirezionale, che va dall'alto al basso, dal dominatore al dominato: il potere è qualcosa che tutti noi produciamo, facciamo circolare e accresciamo esercitando le nostre libertà individuali. Dalla democrazia all'opinione pubblica, dalla legittimità allo stato di diritto, Luhmann ha passato tutti questi concetti al vaglio delle teorie cibernetiche e funzionalistiche, trasformando per sempre la teoria politica classica: scritto agli albori dell'era informatica, "Potere e complessità sociale" svela la meccanica di una forza che oggi abbiamo troppo sotto gli occhi e non riusciamo più a vedere, e ci fa capire chi e come governa realmente le nostre esistenze.