Se siete fra quanti ritengono che la partenza di zia Mame per l'India abbia ingiustamente sottratto alla vostra vita l'indispensabile correttivo di gag, frasi celebri e alzate d'ingegno, allora siete pronti per incontrare una sua sorella immaginaria, una ragazza di cui persino Mame - accusabile di tutto, ma non di ossequio al comune senso del pudore - avrebbe parlato con imbarazzo: Belle Schlumpfert. Belle nasce a Venezuela, nell'lllinois, da una madre troppo impegnata a far carriera presso la casa di Madam Louise per mettere su una famiglia come si deve. Che cosa quella “casa” sia, naturalmente, il lettore è libero di immaginarlo, ma nell'inattendibile, incontenibile, travolgente racconto di Belle è solo una dimora di artiste dove la piccina scoprirà una precoce, ma non per questo meno temibile, vocazione per lo spettacolo in ogni sua forma conosciuta. Una vocazione che Belle porterà alle sue estreme conseguenze, demolendo con la coerenza stilistica del suo coetaneo Ed Wood, e la grazia imperdonabile di Hrundi V. Bakshi in “Hollywood Party”, ogni commedia, film o varietà televisivo in cui le capiterà di comparire. Pensato inizialmente come la parodia definitiva di un genere - la biografia autorizzata, e per ciò stesso apocrifa, della grande star - e assemblato in mesi di lavoro, insieme al fotografo Chris Alexander, su un verio e proprio set, “Povera piccina” è una meravigliosa macchina comica a cielo aperto, che suscita anche solo in chi lo sfoglia le reazioni migliori, cioè le più sgangherate, mentre a chi lo legge istilla una strana tentazione, cui lo stesso Dennis finì per cedere: quella di passare al di là dello specchio e intrufolarsi, pazienza se in un ruolo di contorno, in una pagina qualsiasi del racconto.