A cura di Loris Mazzetti
Disse Otello: “Abbiamo imparato a uccidere, siamo anche
capaci di essere crudeli. Mi pare impossibile che adesso uno
si svegli e vada a lavorare, che a mezzogiorno si mangi,
che la sera si chiuda la porta, poi a dormire”.
“Si è combattuto” dissi “soprattutto per questo.”
Il giovane Enzo era fresco di matrimonio quando, come molti suoi coetanei d’allora, si trovò davanti a un bivio. Siamo all’inizio del 1944 e in Italia, per un ventenne come Biagi, è l’ora delle scelte radicali: da una parte l’adesione alla Repubblica sociale nell’ora più buia del fascismo, dall’altra la scelta fuorilegge di andare in montagna e unirsi ai partigiani.
Una mattina Enzo scelse la sua strada e pedalò verso i boschi d’intorno, fissando il cielo primaverile. Guardava le nuvole cambiar forma e ancora non sapeva che quel viaggio in bicicletta lo avrebbe portato a essere l’uomo che sarebbe diventato. Qualche ora dopo, Biagi si univa a una compagnia di perfetti sconosciuti che in poco tempo sarebbe diventata la sua seconda famiglia: la brigata partigiana di Giustizia e Libertà.
Giudicato troppo gracile per combattere, il suo comandante pensò che il partigiano Biagi avrebbe servito meglio la lotta antifascista facendo il suo mestiere: gli venne affidata infatti la stesura del giornale partigiano “Patrioti”, del quale era in pratica l’unico redattore. Del giornale uscirono tre numeri, fino a quando i nazisti non individuarono la tipografia e la distrussero.
Appena tre numeri, eppure Biagi considererà sempre quell’anno di clandestinità, quei “quattordici mesi” da partigiano, come il momento più importante della sua vita, alla base della sua etica, nel lavoro come nella vita.
Progetto sempre cullato e mai ultimato, I quattordici mesi è un libro che ripercorre l’intera opera di Biagi, raccogliendone memorie e brani d’epoca oggi introvabili. Un testo che ci riporta indietro nel tempo per raccontarci la storia di un giornalista clandestino che si rifugiò sulle montagne. Lo stesso giornalista che, un anno dopo quel fatidico viaggio in bicicletta, annuncerà alla radio della quinta armata la liberazione di Bologna.
Loris Mazzetti, nato a Bologna nel 1954, regista e giornalista, ha lavorato dieci anni a Rai1 con Enzo Biagi. Con la Bur ha pubblicato Il libro nero della Rai e La macchina delle bugie. Attualmente è capostruttura a Rai3. Insegna Teoria e tecnica del linguaggio radiotelevisivo all’Università di Modena- Reggio Emilia.